Maria la perfida Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello? Non ti concesse Iddio sollievo a’ mali? Maria: Ah no, Talbo, giammai. Delle mie colpe lo squallido fantasma fra il cielo e me sempre, sempre si pone, e i sonni agli estinti rompendo, dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d’Arrigo. Talbo, la vedi tu? Del giovin Rizzio ecco l’esangue spoglia? Talbo: (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.) Ah, riconforta lo smarrito pensier. Già t’avvicini ai secoli immortali. Al ceppo reca puro il tuo cor d’ogni terreno affetto. Maria: Sì, per lavar miei falli misto col sangue scorrerà il mio pianto; ascolta; io vuò deporli a piè di. Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello? Non ti concesse Iddio sollievo a’ mali? Maria: Ah no, Talbo, giammai. Delle mie colpe lo squallido fantasma fra il cielo e me sempre, sempre si pone, e i sonni agli estinti rompendo, dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d’Arrigo. Talbo, la vedi tu? Del giovin Rizzio ecco l’esangue spoglia? Talbo: (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.) Ah, riconforta lo smarrito pensier. Già t’avvicini ai secoli immortali. Al ceppo reca puro il tuo cor d’ogni terreno affetto. Maria: Sì, per lavar miei falli misto col sangue scorrerà il mio pianto; ascolta; io vuò deporli a piè di. Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello? Non ti concesse Iddio sollievo a’ mali? Maria: Ah no, Talbo, giammai. Delle mie colpe lo squallido fantasma fra il cielo e me sempre, sempre si pone, e i sonni agli estinti rompendo, dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d’Arrigo. Talbo, la vedi tu? Del giovin Rizzio ecco l’esangue spoglia? Talbo: (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.) Ah, riconforta lo smarrito pensier. Già t’avvicini ai secoli immortali. Al ceppo reca puro il tuo cor d’ogni terreno affetto. Maria: Sì, per lavar miei falli misto col sangue scorrerà il mio pianto; ascolta; io vuò deporli a piè di. Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello? Non ti concesse Iddio sollievo a’ mali? Maria: Ah no, Talbo, giammai. Delle mie colpe lo squallido fantasma fra il cielo e me sempre, sempre si pone, e i sonni agli estinti rompendo, dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d’Arrigo. Talbo, la vedi tu? Del giovin Rizzio ecco l’esangue spoglia? Talbo: (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.) Ah, riconforta lo smarrito pensier. Già t’avvicini ai secoli immortali. Al ceppo reca puro il tuo cor d’ogni terreno affetto. Maria: Sì, per lavar miei falli misto col sangue scorrerà il mio pianto; ascolta; io vuò deporli a piè di. Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello? Non ti concesse Iddio sollievo a’ mali? Maria: Ah no, Talbo, giammai. Delle mie colpe lo squallido fantasma fra il cielo e me sempre, sempre si pone, e i sonni agli estinti rompendo, dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d’Arrigo. Talbo, la vedi tu? Del giovin Rizzio ecco l’esangue spoglia? Talbo: (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.) Ah, riconforta lo smarrito pensier. Già t’avvicini ai secoli immortali. Al ceppo reca puro il tuo cor d’ogni terreno affetto. Maria: Sì, per lavar miei falli misto col sangue scorrerà il mio pianto; ascolta; io vuò deporli a piè di. Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello? Non ti concesse Iddio sollievo a’ mali? Maria: Ah no, Talbo, giammai. Delle mie colpe lo squallido fantasma fra il cielo e me sempre, sempre si pone, e i sonni agli estinti rompendo, dal sepolcro evoca la sanguigna ombra d’Arrigo. Talbo, la vedi tu? Del giovin Rizzio ecco l’esangue spoglia? Talbo: (Si apre il manto e comparisce in veste sacerdotale; egli cava il crocefisso dal petto.) Ah, riconforta lo smarrito pensier. Già t’avvicini ai secoli immortali. Al ceppo reca puro il tuo cor d’ogni terreno affetto. Maria: Sì, per lavar miei falli misto col sangue scorrerà il mio pianto; ascolta; io vuò deporli a piè di. Maria: La perfida insultarmi volea nel mio sepolcro, e l’onta su lei ricadde. Oh vile! E non son io la figlia de’ Tudori? Vile! Ma Roberto… Forse l’ira della tiranna a lui sovrasta. Ah, son di tutti la sventura io sola! (Entra Cecil colla sentenza e Talbo. Scena Quarta) Maria: Che vuoi? Cecil: Di triste incarco io vengo esecutor. È questo il foglio che de’ tuoi gironi omai l’ultima segna. Maria: Così nell’Inghilterra vien giudicata una Regina? O iniqui! E i finti scritti… Cecil: Il regno… Maria: Basta. Cecil: Ma… Maria: Or basta. Vanne. Talbo rimanti. Cecil: Brami un nostro Ministro che ti guidi nel cammino di morte? Maria: Io lo ricuso. Sarò qual fui, straniera a voi di rito. Cecil: (partendo, fra sè) Ancor superba e fiera! (Scena Quinta) Maria: O mio buon Talbo! Talbo: Io chiesi grazia ad Elisabetta di vederti pria dell’ora di sangue. Maria: Ah! sì, conforta, Togli quest’alma all’abbandono estremo. Talbo: Eppur con fermo aspetto quell’avviso feral da te fu accolto. Maria: O Talbo! il cor non mi leggesti in volto? Egli tremava. E Leicester? Talbo: Debba venire spettator del tuo destino; la Regina l’impone. Maria: O l’infelice! A qual serbato fia doloroso castigo! E la tiranna esulterà. Ne ancora, ancora piomba l’ultrice folgore. Talbo: Deh! taci. Maria: Tolta alla Scozia, al trono, ed al mio culto, presso colei volli un asilo di pace, ed un carcer trovai. Talbo: Che favello?Maria la perfida